Una distesa di colori, così appare l’Uruguay durante la manovra di atterraggio: inoltrarsi in questa immensa natura pone lo spettatore in una prospettiva unica al mondo. Tutto qui non ha regole. La vita continua, la povertà anche. Montevideo è, ormai e con gran rammarico per me, una grande città povera europea. Povertà vissuta con grande orgoglio. La zona del porto. I bambini sono seduti sui gradini delle case in attesa di qualche novità, come un turista con macchina fotografica o, un’inaspettata partita di calcio, improvvisata nei parcheggi lasciati liberi dalle auto. Un pescatore ritorna a casa con la gerla vuota, ma il viso soddisfatto di chi ha comunque voglia di vivere! Il sole cocente evidenzia le mille rughe di una vita vissuta. Ricorderò sempre il viso del pescatore di Montevideo e il suo berretto di lana grezza color blu. E’ gennaio, i colori esplodono e sbocciano in qualità di piante assai numerose. Punta Gorda è un harem della natura. La stagione degli amori inizia nel modo più musicale e passionale. I tramonti si rincorrono, ricordandoti che un’altra giornata è trascorsa. Le distese di sabbia, l’acqua meticcia del Rio de la Plata e dell’Oceano Atlantico, splendono di luce argentea appena il sole si spegne all’orizzonte. Varcata la frontiera argentina con avvisi di colera e la pressante compagnia di bambini che aspetta il tuo dollaro o le tue biro. Dopo le pampas argentine, dove l’occhio umano si perde nell’immensa distesa di vegetazione, ecco il Paraguay. Rosso, come la terra argillosa delle strade. Dopo venti ore di viaggio su strade polverose, il primo pernottamento: Asunsion. L’albergo lascia trasparire quella certa sporcizia, dalle giacche dei lifts, ma la stanchezza è tanta da farti apprezzare un letto poco stabile ed un bagno in condizioni pietose. Asunsion. Capitale del Paraguay. La piazzetta del Pantheon è occupata da ambulanti, i cui prezzi sono maggiori rispetto ai negozi. Seduta per terra, a gambe incrociate, un’indigena con la sua mercanzia per turisti. Lei è l’unica persona con un passato scritto sul volto. Un viso con zigomi alti, solare, occhi neri e profondi che esprimono tutta la fatica di questo continuo vivere in una realtà che non le appartiene. Ho lasciato questa donna, con la speranza di poterla incontrare il giorno seguente, ma la mia voglia di conoscenza si è spenta in un attimo. Fiumi che si intersecano giocando con la geometria dei colori. Cascate d’acqua tumultuose che creano arcobaleni infiniti. Iguazu. Ho ringraziato l’acqua per avermi colmato il cuore di emozioni e per aver fatto affiorire in me questi sentimenti ormai dimenticati nella profondità spettrale della vita cittadina. In questi viaggi si ha così poco tempo per riflettere: ogni giorno macini chilometri e ti domandi quando ti fermerai a meditare, a riavvolgere il rullino fotografico della tua mente per mettere a fuoco ciò che realmente ti ha fatto sentire viva! Così, trascorrono i giorni, annoti a posteriori l’immensità incontrata, pur sapendo che non una sola parola varrà per ciò che il tuo cuore ha provato.
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